Passeggiamo nel Ghetto dove per secoli si è consumata la pagina oscura della discriminazione religiosa verso gli ebrei culminata nella vergogna delle leggi razziali, dei rastrellamenti, dell’eccidio delle Fosse Ardeatine.
Il Ghetto ebraico è, dopo quello di Venezia, il più antico al mondo. Fu stituito con bolla papale nel 1555 da papa Paolo IV (Giovanni Pietro Carafa) che revocava tutti i diritti agli ebrei romani. Stabilendo anche l’obbligo di residenza nell’area compresa tra il Teatro Marcello e Largo Arenula.
La stessa bolla vietava agli ebrei l’esercizio del commercio ad esclusione di quello degli stracci e dei vestiti usati e il possesso di beni immobili. Negli anni questo ha portato alla tradizionale vocazione al commercio di stoffe e abbigliamento ed a quello di beni mobili come oro e preziosi. La storia ci racconta poi di come questa liquidità fu usata dagli stessi papi per procacciarsi prestiti.
Le condizioni igienico sanitarie non erano comunque delle migliori, a causa dell’alta densità abitativa e della vicinanza con il Tevere le cui frequenti inondazioni lasciavano depositi di fango. Inoltre, il mancato possesso degli immobili faceva trascurare la manutenzione degli stessi e trasformò il “serraglio degli ebrei” in un luogo con una pessima qualità di vita.
Nel 1572 furono istituite le “prediche coatte” su ordine di papa Gregorio XIII (Ugo Boncompagni). Ossia l’obbligo di assistere il sabato alle prediche al fine di convertirli alla religione cattolica. Cosa che peggiorò le stesse condizioni di vita degli ebrei. La rivoluzione francese e la conseguente epopea napoleonica portò una ventata di libertà, un alternarsi di aperture, emancipazione e nuove chiusure. Durante la Repubblica Romana venne proclamata la parità di diritti degli ebrei romani e la loro piena cittadinanza. Ma l’illusione fu breve. E con il ritorno di papa Pio IX (Giovanni Mastai-Ferretti) gli ebrei furono di nuovo segregati nel ghetto, sebbene senza le mura perimetrali precedentemente abbattute.
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Nel 1870 si ebbe la caduta dello Stato Pontificio e l’annessione al Regno d’Italia (fu un ufficiale ebreo a comandare la batteria di cannoni che aprì la breccia a Porta Pia). Terminò così la segregazione degli ebrei equiparati definitivamente ai cittadini italiani. Negli anni successivi furono apportati numerosi risanamenti. Comprensivi anche della costruzione dei muraglioni del Tevere. Si costruì la Sinagoga, inaugurata nel 1904, e l’area diventò una delle più caratteristiche dell’Urbe.
Superate le tristi vicende belliche il ghetto è diventato un punto di riferimento della cultura ebraica, anche se molti ebrei romani vivono in altre zone della città. La zona, con il magnifico Portico di Ottavia e l’imponente Teatro Marcello, è meta continua di un estasiato flusso turistico. Che gode dei forti contrasti tra i vicoli angusti e la maestosità del Tempio Maggiore ed i resti archeologici della Roma Antica.
Un capitolo a parte merita la cucina ebraica, a cominciare dal “brodo di pesce”. Nato dalla inventiva delle povere donne che raccoglievano gli scarti dal mercato del è diventato oggi una delle prelibatezze della cucina ebraico-romana. E non possiamo dimenticare i superlativi dolci ebraici kosher ed i “carciofi alla giudia”, vero portabandiera della gastronomia della capitale.
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