La morte, nel cimitero francese di Roma, non divide, ma unisce. Cattolici, musulmani e ebrei riposano fianco a fianco, ricordandoci l’intrinseca fragilità della vita e l’universalità del dolore. Un messaggio di fratellanza che, seppur ovvio, risuona con forza in questo luogo intriso di sacrificio.
Ma purtroppo è difficile trasmettere questo messaggio a chi, accecato dall’odio e dal potere, semina morte e distruzione. Così come far comprendere il valore della vita a chi la calpesta con tanta brutalità.
Il cimitero francese di Roma, con la sua silenziosa eloquenza, non offre soluzioni facili. Ma ci invita a riflettere, a meditare sul senso dell’esistenza e sulla follia della guerra. Un monito che, forse, un giorno, potrà risvegliare le coscienze e condurre a un mondo di pace.
Il Cimitero francese di Roma sorge lungo la trafficatissima Via della Camilluccia che collega Monte Mario all’area della Farnesina. Il terreno per edificarlo fu concesso con regio decreto nel 1945 da De Gasperi, allora ancora Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d’Italia.
Un omaggio del Governo italiano alle truppe francesi che combatterono con quelle italiane contro l’occupazione nazifascista.
Di circa 7mila soldati d’oltralpe che caddero in questa fase della guerra, alcune salme sono tornate in patria. Dei 1888 soldati sepolti oggi nel cimitero francese di Roma, 1142 sono musulmani, riconoscibili dalla mezzaluna islamica incisa su ogni lapide.
Quindi, oltre ai francesi, ci sono tanti marocchini, tunisini ed algerini appartenenti a quell’esercito. I soldati marocchini impiegati dai francesi tra il 1908 e il 1956 furono chiamati “Goumiers”. Il loro passaggio in Italia comportò un numero elevato di crimini: omicidi, saccheggi e oltre 7mila stupri, ricordati poi come le cosiddette “marocchinate”, immortalate nel capolavoro di De Sica “La ciociara”.
Dopo lo sbarco degli Alleati ad Anzio nel gennaio 1944, queste truppe collaborarono a risolvere il blocco di Monte Cassino. A maggio i carri armati francesi obbligarono i tedeschi alla resa. Quindi l’offensiva alleata continuò ad avanzare, e il cinque giugno i generali Clark, inglese, e Juin, francese, entrarono a Roma. L’eco storico di tanta violenza cerca nell’atmosfera verde del cimitero di essere attutita, anche se oggi l’Europa è di nuovo scossa da una guerra drammatica.
Nel 2021, nel Cimitero militare francese si è svolta la Messa per la Commemorazione dei defunti celebrata dal Pontefice. Dopo essersi raccolto in preghiera presso una tomba anonima, nel corso dell’omelia ha svolto una serie di riflessioni sull’anonimato di alcune lapidi. “Inconnu. Mort pour la France. 1944” ha detto il Santo Padre “alcune [tombe] hanno il nome, poche altre no. Ma queste tombe sono un messaggio di pace: ‘Fermatevi, fratelli e sorelle, fermatevi! Fermatevi, fabbricatori di armi, fermatevi!’”. L’appello del Papa risuona oggi, a un anno da quella visita, di rinnovata tragicità.
Questo luogo è relativamente poco conosciuto dai romani, ma è altamente simbolico per la Francia. In passato ha già ospitato le commemorazioni dell’11 novembre anche se ricordano la fine bob della Seconda ma della Prima guerra mondiale.
Nel rispetto della memoria storica delle singole guerre, e degli episodi di ognuna, i cimiteri di guerra dovrebbero rappresentare per tutti invocazione alla pace. La quiete, il silenzio, il verde curatissimo sono lì per aiutare la concentrazione e il pensiero di chi li visita.
Riflettere sulla morte, sulla violenza, sulla separazione tra stati, popoli e connazionali dovrebbe aiutare a far capire il valore e la fragilità della vita. Il contatto con la natura dovrebbe essere propositivo per il pensiero sulla natura dell’uomo.
Per concludere con papa Francesco, nella stessa occasione citata ha ricordato ciò che aveva letto in un cimitero del Nord Italia. “Tu che passi pensa ai tuoi passi e dei tuoi passi pensa all’ultimo passo”.
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