A istituire Borgo Pio come 14° rione di Roma fu papa Sisto V. Dopo che già ai tempi dell’Antica Roma questo territorio costituì la quattordicesima Regio Transtiberim, con il nome di Ager Vaticanus.
La via principale che porta lo stesso nome di Borgo Pio unisce Via di Porta Castello a Via di Porta Angelica. Siamo attaccati al Vaticano con un cordone ombelicale storico fatto soprattutto di botteghe artigiane di ogni tipo che nei secoli hanno servito i papi.
Per non parlare dei religiosi di ogni ordine e grado che l’attraversano e dei fiumi di pellegrini in visita al loro massimo riferimento spirituale. Fede e commercio si fondono in un’atmosfera unica tra negozi di souvenir della Santa Chiesa e osterie, oggi declinate nelle forme della ristorazione moderna.
Tutte le zone di Roma hanno caratteri originali, qui la vita mette in scena ogni giorno una storia antica nonostante lo scorrere dei millenni.
Il citato Ager Vaticanus situato fuori dal Pomerium, il confine dell’Antica Roma, fu territorio di sepoltura della città per la sua posizione fuori le mura. Fino a quando il martirio di San Pietro ai piedi del colle Vaticano nel 67 d.C. lo rese luogo di pellegrinaggio dei primi Cristiani.
In età imperiale, tuttavia, l’area si arricchì di ville e giardini, luoghi di svago e ponti sul Tevere, come Pons Aelius (cioè Ponte Sant’Angelo). Nel Medioevo molti ponti caddero in rovina e Borgo Pio rimase alla mercè dei barbari. Leone IV nell’852 fece costruire nuove mura dando vita alla “Città Leonina” che crebbe in splendore e ricchezza.
Nel 1936, il regime fascista fece abbattere gli edifici della “Spina di Borgo”, nucleo urbanistico che lasciava scoprire improvvisamente la grandezza di San Pietro. Il fascino della sorpresa dei viandanti che passavano da un fitto dedalo di strade all’enorme piazza con il colonnato fu distrutto per sempre.
Da allora grandi palazzi bianchi di uffici costeggiano l’attuale Via della Conciliazione.
Se “perdersi a Roma” è il modo migliore per vivere la città, perdersi a Borgo Pio è trovare un caleidoscopio unico denso di volti. Certo, non c’è più il boia che abitava qui come ai tempi del potere temporale della Chiesa. Non ci sono più le cortigiane di strada che grazie a un cavillo legale potevano esercitare nei paraggi. Non ci sono più i barbari che saccheggiarono Roma; forse ci sono i loro lontani discendenti, in bermuda anche d’inverno.
Però sono rimasti i religiosi, di ogni credo non solo di Santa Romana Chiesa, gli osti (con altri nomi, ovvio), i musici di strada. I turisti incolonnati da guide, con le bandierine da seguire.
I ricchi, i poveri, gli occidentali, gli orientali, le guardie svizzere, la polizia in borghese, gli ambulanti. E poi c’è il papa, presente nei discorsi della gente, nelle foto in vetrina e nei disegni a gesso dei madonnari in terra.
Borgo Pio dopo l’Unità d’Italia è diventato italiano; ma quel confine burocratico, in cuor suo, non l’ha mai accettato.
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