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Foro Boario: il cuore pulsante dell’Antica Roma

Il Foro Boario, situato lungo la riva sinistra del Tevere tra i colli Campidoglio, Palatino e Aventino, è uno dei luoghi più antichi e suggestivi di Roma.

Quest’area, che prende il nome dal mercato del bestiame che si teneva nell’antichità, è un vero e proprio scrigno di storia. Qui si intrecciano miti, leggende e realtà quotidiana dell’antica Roma e di ciò che esisteva anche prima della sua fondazione.

Un luogo sacro e commerciale

Originariamente il Foro Boario era un’area paludosa che venne bonificata grazie alla costruzione della Cloaca Massima, divenendo un punto nevralgico per le attività commerciali della città.

Oltre al mercato del bestiame, qui si trovava anche un importante porto fluviale, il Portus Tiberinus, attraverso il quale Roma commerciava con le altre città del Mediterraneo. Ma il Foro Boario non era solo un luogo di scambi economici. La sua posizione strategica e la sua storia lo resero anche un centro di culto.

In questo luogo sorgevano infatti numerosi templi dedicati a varie divinità, tra cui Ercole, Portuno e Vesta. Secondo la leggenda, proprio nel Foro Boario Ercole avrebbe affrontato e sconfitto il gigante Caco, nascosto in una grotta alle pendici dell’Aventino.

Monumenti e reperti archeologici

Il riferimento nella Roma moderna corrisponde all’area intorno a Piazza della Bocca della Verità, dove occorre immaginare l’antico traffico di carri, carretti e bighe al posto dell’attuale traffico automobilistico.

Oggi, passeggiando per il Foro Boario, si possono ammirare i resti di antichi edifici sia di carattere religioso sia funzionali alla vita civile. Partiamo dalla suggestiva Bocca della Verità, grande disco di marmo (in realtà un chiusino fluviale) la cui leggenda vuole che sia mozzata ai bugiardi la mano inserita nella bocca stessa.

Meta di turisti e di curiosi, è protagonista di una famosa scena del film “Vacanze Romane” (1953) di William Wyler con Gregory Peck e Audrey Hepburn. La celebre Bocca si trova nel portico della Chiesa di Santa Maria in Cosmedin sorta nel VI secolo sopra l’Ara di Ercole.

Nome che deriva alla chiesa dall’appellativo di “Kosmedion” per le splendide decorazioni contenute, soprattutto dopo i lavori di ampliamento di Papa Adriano I (782).

Due templi trasformati in chiese

Accanto alla chiesa troviamo il Tempio della Fortuna Virile (sec. II-I a.C.). Ormai identificato con certezza con il tempio di Portunus, il dio protettore del vicino porto fluviale.

Tra gli edifici meglio conservati a Roma, nell’872 divenne chiesa con il nome di Santa Maria Egiziaca, concessa da Pio V agli Armeni. Più avanti, incontriamo il Tempio di Vesta, circolare come quello del Foro Romano, più probabilmente identificabile con il Tempio di Ercole Vincitore (fine II sec. a.C.) ampiamente restaurato sotto Tiberio.

È il più antico edificio superstite di Roma costruito in marmo, con un periptero di venti colonne corinzie. Nel XII secolo fu trasformato in chiesa dedicata a Santo Stefano (detta “delle Carrozze”), poi chiamata Santa Maria del Sole.

Nello spiazzo di fronte è posta la Fontana dei Tritoni (1715) che riproduce il tema berniniano della fontana di Piazza Barberini.

Una chiesa capolavoro tra due archi

Prendendo Via del Velabro, il cui nome deriva dalla palude fluviale (Velabro) dove Faustolo avrebbe trovato Romolo e Remo, arriviamo all’“Arco di Giano.

Raro esempio di arco quadrifronte (IV sec.), edificato con marmi e materiali di altri monumenti precedenti. Il nome non si riferisce al dio bifronte Giano ma ai passaggi coperti (ianus in latino) probabilmente usati dai banchieri che operavano nel Foro Boario.

Alle spalle, la celebre Chiesa di San Giorgio al Velabro (sec. V-VI) antica diaconia dedicata da Leone II a San Sebastiano. Una chiesa che, per posizione e bellezza, ospita molto spesso matrimoni cattolici di cittadini romani e non. 

Nel luglio del 1993 la chiesa fu obiettivo di un attentato mafioso. L’esplosione di un autobomba distrusse quasi completamente il portico che venne poi ricostruito con un attento restauro.

A fianco della chiesa, è l’Arco degli Argentari; uno degli accessi al Foro Boario, interessante testimonianza dell’arte di età severiana. Eretto nel 204 dalla corporazione degli argentari (o cambiavalute) richiama modelli architettonici ed estetici orientali.

Citata all’inizio dell’articolo, osserviamo quindi alcuni resti della Cloaca Massima (Maxima). Mirabile opera di ingegneria che attraversava il Foro Boario raccogliendo le acque defluenti dalle alture circostanti per convogliarle nel Tevere. La tradizione attribuisce la costruzione al Re Tarquinio Prisco, ma al secolo VI a.C. risale solo l’arginatura.

Una passeggiata in quest’area, anche se immersa nel traffico moderno della città, evoca antiche atmosfere di una quotidianità viva, comunque caotica anche allora.

Con il Blog di Roma e del Lazio, Around Rome vi guida alla scoperta dei territori per il piacere di soddisfare curiosità e mettere la cultura al servizio di persone e imprese.

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A cura de il NETWORK | testo Andrea Franchini | foto Ezio Bocci

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